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La vite nell'antichità greca

   
    In Grecia sembra che la coltura della vite sia stata introdotta e diffusa dai Semiti verso il XV secolo a.C.. La Tracia fu la prima regione a conoscere e diffondere la vite.
    Dalla Tracia la vite ed il vino si diffusero in tutta la Grecia, dove assunsero grande importanza.
    La pratica della potatura della vite era già in uso in Grecia nel  VIII secolo a.C.. Certamente a suggerire all'uomo la pratica della potatura fu la dolcezza ed il gusto saporito dell'uva raccolta da viti che erano state brucate da animali. Essa era dunque finalizzata al mantenimento di una migliore vigoria, di una più elevata produttività e di una migliore qualità.
    I vini greci erano lodati ed apprezzati per la loro dolcezza; dolcezza dovuta certamente allo stato di supermaturazione delle uve, ma anche alla pratica dell'appassimento, che era molto diffusa. Tali vini venivano indicati con il mome di "passum".  Famosi erano i vini di Chio e Thasos, che sono isole montagnose ed aride del Mediterraneo orientale.     
   I vini, una volta ottenuti, si mettevano ad invecchiare in recipienti di terracotta e sigillati con pece o gesso. Il vino, invecchiando, diventava amaro, acidulo e denso; pertanto talvolta, all'atto del consumo, ad esso venivano aggiunto di miele, cannella, petali di fiori, ecc. e trattato con albume d'uovo per schiarirlo.
      I greci raramente bevevano vino allo stato puro.  Nel V e IV secolo a.C. una caratteristica della vita greca era appunto quella di bere vino annacquato durante i simposi. Il vino annacquato era bevibile in grande quantità e permetteva di bere a lungo durante i "simposi". (simposi = bere in compagnia), nel corso dei quali venivano serviti continuamente frutta secca e dolce, ma anche stuzzichini al formaggio e tutto ciò che potesse stimolare la sete e rendere più gradito il vino stesso.
    I vini meno pregiati venivano spesso utilizzati nella preparazione  di pietanze. Diversamente da quanto succedeva in Egitto, dove il vino era una bevanda regale, riservata ai ricchi e potenti, in Grecia il vino era una bevanda popolare, bevuta anche dai poveri e dagli schiavi, ai quali era riservato il prodotto ottenuto dalla fermentazione delle vinacce esaurite, previa aggiunta di acqua, ossia il "vinello".
    La salatura dei mosti, che è stata praticata per molto tempo anche in alcune regioni della Francia, sembra servisse per migliorarne la conservazione, la limpidezza ed il gusto (sapidità) del vino.
    Il vino esportato dai Greci ad occidente e ad oriente fin dal VI sec a.C. fu uno dei fattori determinanti della diffusione della civiltà ellenica, che giunse fin dove poteva allignare la vite. Per poter incrementare il commercio del vino fu necessario estendere la superficie vitata ed i Greci nella loro espansione coloniale favorirono la diffusione della viticoltura.
      Gli Eubei costituirono, all'inizio dell'VIII  secolo a.C., colonie sull'isola di Ischia e alla metà del secolo VIII in Sicilia, a Naxos per difendere lo stretto di Messina. I Corinzi fondarono invece la colonia di Siracusa (743 a.C.), mentre gli abitanti di Rodi Gela e Neapolis (oggi Napoli). Gli Achei si stabilirono sulla fertile costa dello Ionio e fondarono Sibari e Poseidonia (oggi Paestum). Gli Spartani fondarono Tarentum (Taranto); gli abitanti di Corinto si spinsero fino a Corfù e alla Dalmazia, mentre gli Ateniesi arrivarono a stabilire basi commerciali fino alle foci del Po. Verso la fine dello VIII secolo, i Greci fondarono altre città nell'Italia meridionale ed insulare (a Nasso, Messina e Crotone); essi arrivarono fino alla Francia meridionale, dove i Focei fondarono Massalia (oggi Marsiglia) nel 600 a.C. ed anche colonie in Corsica.
    La Sicilia e la Calabria divennero in breve tempo sede di numerose colonie greche ed assunsero il nome di "Magna Grecia", ossia la grande Grecia. I Greci esteserola viticoltura per il fabbisogno dei colonizzatori prima e dei colonizzati poi, ma principalmente perchè i vini della Magna Grecia erano più vicini ai mercati settentrionali e quindi più facilmente commercializzabili. Altro fatto non trascurabile era che si ottenevano produzioni quantitativamente superiori a quelle delle vigne greche per le più favorevoli condizioni pedoclimatiche e per i sistemi di coltivazione meno arcaici.
     I Greci nella colonizzazione introdussero le loro varietà migliori, quali il greco, il grecanico, l'aglianico (hellenico), mentre gli Etruschi facevano affidamento sulle cultivar indigene, come quelle di trebbiano e di lambrusco. La stessa malvasia, prodotta principalmente a Stromboli e Salina, deriva la sua etimologia da Monemvasia, città della Grecia lungo le coste del Peloponneso. La città di Monemvasia nel basso Medioevo, divenne un centro di raccolta e di esportazione del vino dolce delle Cicladi e dell'sola di Creta.
     Per la fermentazione dei mosti, la conservazione e il trasporto dei vini il recipiente più usato era l'anfora, ossia un vaso di argilla o meglio di terracotta, la cui capacità era molto varia. Le anfore erano perfettamente impermeabili, altrimenti venivano spalmate all'interno con pece o resina, da cui (a quei tempi) il tipico sapore resinato dei vini greci.  La resina di pino e la pece, all'epoca, erano considerate sostanze conservanti per il vino.
     Nella primavera successiva alla vendemmia il vino  veniva travasato, filtrato e posto in otri od anfore per essere commercializzato. Una volta giunto nei porti di destinazione il vino veniva travasato in otri di pelle per il trasporto nella terraferma, dato che le anfore erano troppo fragili, anche se talvolta venivano rivestite di vimini.